L’osteoporosi è l’osteopatia metabolica più diffusa nel mondo occidentale. Definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia sistemica a eziopatogenesi multifattoriale, l’osteoporosi è causata da una patologica riduzione della resistenza ossea, da cui si hanno fragilità dello scheletro e suscettibilità alle fratture.
In particolare è stato definito che la malattia deriva non soltanto da una riduzione della densità ossea (alterazione della quantità), ma anche da un’alterazione della qualità del tessuto osseo. Questo tiene conto di tutta una serie di specifiche caratteristiche che comprendono le proprietà strutturali dell’osso quali la geometria, le dimensioni e la micro architettura, le proprietà del materiale e il rimodellamento scheletrico.
Quindi l’alterazione della qualità dell’osso è in grado di provocare una riduzione della resistenza scheletrica, facilitando un aumento del rischio di fratture patologiche.
Le fratture nell’osteoporosi sono dette fratture da fragilità in quanto possono avvenire anche a seguito di traumi a bassa energia, cioè senza una causa efficiente (trauma di energia pari o inferiore a quella di una caduta a terra da stazione eretta).
Possono interessare i vari segmenti scheletrici, dalla colonna vertebrale al femore, dal bacino all’estremità distale di radio e ulna.
Esistono numerose varietà di osteoporosi che possono essere sinteticamente raggruppate in due classi: le forme primitive, post-menopausali o senili, e quelle secondarie, quando è possibile identificare una causa o un fattore eziologico ben definito.
L’osteoporosi post-menopausale è legata al calo degli estrogeni che si verifica in menopausa e colpisce dal 5 al 29% delle donne in questo periodo della vita, interessando soprattutto le vertebre.
L’osteoporosi senile colpisce entrambi i sessi e si verifica a un’età più avanzata, interessando fino al 6% della popolazione. Coinvolge tanto la colonna vertebrale quanto le ossa lunghe (es. femore), il bacino ed altre sedi, provocando fratture a carico delle vertebre, del collo femorale, del polso e dell’omero.
L’osteoporosi secondaria si verifica in corso di malattie endocrine, di malattie croniche, di alcune malattie reumatiche e gastrointestinali e per assunzione cronica di alcuni farmaci come i cortisonici.
Osteoporosi significa “ossa porose”. Se si guarda il tessuto osseo sano al microscopio, si osserva che parti di esso hanno l’aspetto di un nido d’ape. L’osso del paziente osteoporotico ha i fori e gli spazi del nido d’ape molto più grandi rispetto al campione con ossa sane.
Il quadro clinico dell’osteoporosi è caratterizzato da dolore osseo, fratture patologiche e deformità scheletriche. Tuttavia per molti anni la malattia può essere asintomatica: la lenta e progressiva perdita di massa ossea non si accompagna di per sé ad alcun sintomo e soltanto quando, per un trauma spesso di lieve entità, si realizza una frattura, vediamo comparire il dolore.
La diagnosi di osteoporosi è clinica e deriva dall’integrazione dei dati ricavabili dall’anamnesi (il colloquio con il paziente), dalla visita del paziente, dagli esami strumentali (quali la densitometria ossea e la diagnostica per immagini) e dagli esami di laboratorio.
La densitometria o mineralometria ossea computerizzata – MOC – è oggi considerata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la procedura più affidabile per identificare i soggetti con osteoporosi: l’esame è in grado di fornire una precisa quantificazione del contenuto minerale dello scheletro, in particolare della colonna lombare, della parte alta del femore e del polso, che sono particolarmente indicativi per la presenza di osteoporosi.
La MOC è importante perché fornisce una valutazione della massa ossea, che a sua volta è correlata al rischio di frattura. Al diminuire della massa ossea, infatti, segue un incremento del rischio di frattura.
Ad oggi sono disponibili numerosi farmaci per il trattamento dell’osteoporosi: è tuttavia necessario, laddove possibile, attuare una corretta opera di prevenzione attraverso una precisa identificazione e correzione dei fattori di rischio. Una regolare attività fisica e un’equilibrata alimentazione, in particolare contenente adeguate quantità di calcio e vitamina D, oltre a un dosato apporto proteico, rappresentano gli strumenti essenziali per garantire la salute dello scheletro.
Obiettivo primario nel trattamento farmacologico dell’osteoporosi è bloccare la perdita di tessuto osseo e, se possibile, stimolarne la neoformazione: tutto questo, sotto il profilo clinico, si traduce nella riduzione dell’incidenza di fratture patologiche. Possono essere utilizzati sostanzialmente due gruppi di farmaci: farmaci inibitori del riassorbimento osseo (es. bifosfonati) e farmaci in grado di stimolare la neoformazione osteoblastica, cioè di quelle cellule (osteoblasti) responsabili della formazione di matrice ossea.